Il gioco d'azzardo distrugge le persone, parola di iena.

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Nadia Toffa: «Scrivere un libro era lo spazio giusto per raccontare
ma anche dare informazioni e provare a fare prevenzione»


E' più facile essere investiti da un'auto mentre attraversiamo la strada per andare dal tabaccaio a giocare al Win for life, che azzeccare la sequenza dei 10 numeri vincenti, che ci metterebbero a posto per almeno vent'anni. Fate pure i debiti scongiuri, ma le cose stanno proprio così e non perché siamo pessimisti di natura e il bicchiere lo vediamo sempre mezzo vuoto. Semplicemente lo dice la statistica. La stessa che ci spiega che è molto, ma molto più probabile che nel 2036 l'asteroide 99942 Apophis si sfracelli sulla Terra piuttosto che fare 6 al Superenalotto. Le probabilità di indovinare i sei numeri sono, infatti, 1 su 622 milioni e 614.630, mentre quelle che Apophis ci piombi addosso sono 1 su 40.000. E il ragionamento potrebbe essere esteso a qualsiasi gioco d'azzardo, anche se le probabilità di vincere sono ovviamente diverse per ognuno. E allora, se la matematica non è un'opinione, e pare non lo sia, come si spiega che milioni di italiani continuino a compilare schedine, grattare cartoncini colorati, infilare soldi nelle slot? Non solo, lo fanno a ritmi talmente elevati da aver fatto diventare il gioco d'azzardo la terza impresa italiana, dopo Eni e Fiat con un giro d'affari da capogiro: 85 miliardi di euro.
SONO ALCUNE delle domande a cui cerca di rispondere Nadia Toffa (sì, sì la giornalista delle Iene) in un libro, il suo primo, uscito in questi giorni nella collana della Rizzoli. Con «Quando il gioco si fa duro», il titolo non poteva essere che quello, e un sottotitolo che recita «Dalle slot machine alle lotterie di Stato: come difendersi in un Paese travolto dall'azzardomania» la Toffa ci accompagna in un universo, talvolta quasi parallelo, che vive e prospera praticamente ormai ad ogni angolo di strada del Belpaese.
Bresciana doc, caso mai dall'accento non si capisse, classe 1979, una laurea in Lettere e filosofia, qualche anno di gavetta come si conviene in una tv locale, la 'nostra' Iena in quel mondo ci è entrata per caso, mentre beveva un caffè. «Ero ad Ancona, dovevo girare un servizio, ma ero molto in anticipo - ci racconta al telefono tra un servizio e l'altro per le Iene -, aspetto l'apertura di un bar per farmi un caffè e insieme a me c'è un bel po' di gente. Solo che poi solo l'unica ad andare al bancone, mentre gli altri spariscono sul retro. Non resisto e vado a vedere che c'è lì dietro: slot machine. All'alba erano già lì incollati a schiacciare pulsanti. Ma quello che mi ha fatto scattare la molla è stata la risposta di un ragazzo sul perché fosse già lì: ieri ci ho messo dentro un sacco di soldi, non posso lasciarla scoperta. Doveva stare lì per cercare di riprenderseli». E proprio la sottile linea di confine tra chi si gioca una volta ogni tanto il resto del caffè e quelli per cui ormai «non conta più vincere o perdere, ma solo giocare», è uno dei leit motiv del libro. Le oltre 200 pagine, infatti, non sono solo un'indagine accurata del fenomeno, piene di dati, informazioni, cifre, hanno anche la capacità, per niente scontata, di trasportarti con una scrittura veloce ed essenziale, ma piena di pathos nel buio di vite distrutte e disperate.
«In questi anni di servizi ho raccolto un sacco di materiale, conosciuto tanta gente - ci dice ancora Nadia Toffa - scrivere un libro era lo spazio giusto per mettere insieme notizie, informazioni, denunce, ma anche storie. Sono cinque, fra tante altre, quelle che ho scelto di raccontare. Tutte di gente comune, 'normale' che a certo punto della propria vita diventa ludopatica: malata di gioco». Come quelle di Nicola o di Sara. «Già, lui sposato, due figlie, un buon lavoro e che a un certo punto va letteralmente in tilt: si chiude per tre giorni in garage senza mangiare, senza dormire, pianificando la fuga sotto casa pur di giocare indisturbato al pc, mentre la famiglia lo cerca disperatamente. Lei, quasi laureata in medicina va al casinò con gli amici per passare una serata e senza rendersene conto diventa dipendente dal gioco, per pagarselo si prostituisce prima on line, poi nei peggiori posti e sostituisce una patologia con l'altra diventando dipendente dal sesso. Storie drammatiche e senza lieto fine».
DA UN LATO il volto umano o, più spesso, disumano del gioco, dall'altro l'analisi socio-economica del fenomeno. Mai pesante, anche quando spiega meccanismi complessi, con un linguaggio asciutto e di agevole comprensione, il libro ne scandaglia, infatti, tutti gli aspetti. Il numero delle slot in Italia, perché se il giro d'affari aumenta lo Stato non guadagna in modo proporzionale, qual è il ruolo delle organizzazioni criminali. «Questo business non conosce crisi, anzi, più le cose vanno male, più si spera di fare il botto che ci cambi la vita», s'infervora nel racconto l'agguerrita Iena bresciana e lo capisci dal suo tono di voce che in quelle pagine ci ha messo passione giornalistica, ma anche voglia di far emergere un problema «ancora sottovalutato, perché per molti giocare è un vizio non una malattia che rovina il giocatore, certo, ma anche chi con lui vive». E prosegue: «L'Italia con il suo giro d'affari sta in quarta posizione al mondo, dopo Stati Uniti, Giappone e Macao. 85 miliardi che arrivano da superenalotto, lotto, scommesse, bingo, gratta e vinci e gioco on line, quello che colpisce e che dovrebbe far riflettere di più è che oltre la metà di questo bottino arriva dalle slot, a monetine e a banconote: fra tutte e due in Italia ce ne sono più di 450 mila. E spuntano dappertutto, aperte a tutte le ore del giorno e troppo accessibili, una tentazione continua: che sarà mai vado al bar, mi faccio un caffè e butto il resto nella slot».
DETERMINATA, «alle Iene sono arrivata piantonando l'ufficio di Davide Parenti, il grande capo», energica «si vede che il mio fisico si è allenato negli anni in cui facevo atletica», rigorosa «non per niente sono una ex arnaldina», Nadia Toffa il giornalismo d'inchiesta ce l'ha nel Dna e questo libro lo dimostra. Ma in mezzo a telecamere, pc, inchieste e messa in onda c'è spazio anche per vivere? «Quando la trasmissione è in onda lavori 7 giorni su 7, quando siamo fermi lavori per preparare i servizi. Certo mi manca la mia famiglia, anche se con mia mamma mi sento alla fine di ogni trasmissione per commentare, ma non è la stessa cosa. Mi mancano gli amici e per alcuni non è facile capire che non è che me la tiro, è che proprio le giornate hanno solo 24 ore. Però con questo lavoro è come se avessi vissuto mille vite, dentro a quelle di tutte le persone che ho incontrato in questi cinque anni. E quando mi sarebbe mai capitato?».


Laura Bergami
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teoteo
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Sempre interessanti i tuoi post Slot!! : book :
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Slot
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Grazie Teoteo
mi piacerebbe sapere cosa ne pensi del mio piccolo blog, e di quello che cerco di fare.

A tal proposito vorrei condividere con voi un'altro articolo della Repubblica

SOCIETÀ
Bambini che giocano d'azzardo
Slot, videopoker, gratta e vinci: sono sempre di più gli under 18 (e spesso under 10) che giocano d'azzardo. Copiando i nonni e nell'indifferenza dei genitori che non vedono nella ludopatia un problema serio. Ne parliano con il pediatra Giuseppe Mele
DI PAOLA SCACCABAROZZI

Un gratta e vinci preso per gioco, poi un altro e un altro ancora... per sfidare la sorte e con la speranza, spesso vana, di mettersi in tasca qualche soldo. Oppure videopoker, slot-machine e superenalotto. Lo scopo, chiaramente, sempre lo stesso: giocare e vincere denaro.

Che gli italiani siano “malati di scommesse” si sa, ma che siano i più piccoli accompagnati spesso dai nonni a fare incetta di superenalotto, lotterie e gratta e vinci, è un dato al tempo stesso sorprendente e inquietante.

L’allarme arriva dalla Società Italiana Medici Pediatri (SIMPe) e dall'Osservatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss). Per la prima volta, infatti, è stata condotta un’indagine nazionale da Datanalysis sul gioco d'azzardo nei minori presentata in questi giorni all'International Pediatric Congress on Environment, Nutrition and Skin Diseases di Marrakech. Risultato? Almeno 400.000 bimbi fra i 7 e i 9 anni e 800.000 ragazzini italiani fra i 10 e i 17 anni giocano d'azzardo.

“Per i più piccoli" spiega il pediatra Giuseppe Mele, presidente Paidòss e SIMPe, "si tratta di scommesse su lotterie, bingo e gratta e vinci e ad accompagnarli sono spesso i nonni che si prendono cura di loro mentre i genitori sono al lavoro.

La ritengono un’attività “normale”, divertente e quindi tollerata e praticata senza alcun problema. Per i più grandi, invece, l’accesso al gioco d’azzardo è semplice e immediato e si svolge in totale autonomia.

Basta accendere il computer di casa, generalmente privo di filtri, per entrare in siti per il gioco on line vietato ai minori.
Ma anche il 50% dei genitori frequenta sale scommesse più o meno abitualmente.
In questa situazione, non stupisce, dunque, che il 55% dei ragazzi partecipi ai giochi d'azzardo dei grandi o chieda di farlo e che si parli di un vero e proprio fenomeno ampiamente diffuso: quello della ludopatia”.

Peccato però che dall’indagine svolta sia anche emerso che il 90% degli adulti (sono stati intervistati mille genitori) non abbia la più pallida idea di che cosa significhi ludopatia e di quale possa essere il grave rischio di dipendenza.

“Un rischio non da poco" spiega Mele, "perché per il 75% dei minori può diventare una vera e propria patologia.

In sostanza tanti girano la testa dall'altra parte, non vogliono affrontare il problema, non pensano che il gioco d'azzardo possa costituire un problema, una dipendenza e che questi aspetti negativi possano presentarsi anche nei giovanissimi.

La “normalità del male” circonda i giovani e li corrompe senza che quasi ce ne accorgiamo. La maggioranza degli adulti, genitori e nonni, non fa nulla per proteggere figli e nipoti. Inoltre, l'atteggiamento ambivalente dei genitori è spesso inquietante.
Da un lato si mostrano preoccupati, dall'altro inerti. Percepiscono più o meno chiaramente che il gioco d'azzardo potrebbe essere un problema, alcuni sanno che i propri figli giocano, ma non sanno con chi e sembra quasi che sia qualcosa che non li riguardi”.

Come si può intervenire?

“Per aumentare la consapevolezza della popolazione sulle ludopatie nei giovani la SIMPe ha deciso di organizzare corsi dedicati agli studenti e ai pediatri, che poi potranno, a loro volta, sensibilizzare le famiglie. È fondamentale fare prevenzione spiegando che le scommesse possono diventare una malattia, una dipendenza con sintomi precisi che può avere conseguenze nefaste per se stessi e per la propria famiglia”.

Ma perché i giovanissimi sono così attratti dal gioco d’azzardo?

“In genere non giocano per fare soldi, ma per divertirsi ed emozionarsi.Tra i bimbi con meno di 10 anni prevale il brivido della scommessa, perché a questa età è ancora labile il concetto del valore dei soldi. Videopoker e slot-machine, attraggono anche per i loro colori sgargianti, tanto che ci gioca il 7-8% degli under 10 e vorrebbe farlo il 13%.

Dobbiamo riuscire a togliere fascino a questi passatempi, perché un bimbo che si gioca la paghetta alla sala giochi diventerà molto probabilmente un adulto che butterà lo stipendio in qualche sala scommesse”.

Gli adulti nascondono la testa sotto la sabbia:

Uno su tre afferma di non ricordare o non sapere se i propri figli giochino, nonostante oltre la metà abbia paura che i ragazzi vengano contagiati dal virus delle scommesse. “Un under 18 su cinque gioca d'azzardo ma il 90% dei genitori non ha idea di che cosa sia la ludopatia.

nota personale di slot (io lo chiamerei azzardo e non ludopatia )

In sostanza tanti girano la testa dall'altra parte, non vogliono affrontare il problema, non pensano che il gioco d'azzardo possa costituire un problema, una dipendenza e che questi aspetti negativi possano presentarsi anche nei giovanissimi.
Anche questo è un aspetto allarmante: il gioco entra nelle vite dei ragazzini in maniera strisciante perché è un'attività “normale”, tollerata e praticata abitualmente in famiglia. Il 50% dei genitori frequenta sale scommesse più o meno frequentemente: in questa situazione, non stupisce che il 55% dei ragazzi partecipi ai giochi d'azzardo dei grandi o chieda di farlo”.


un saluto e buona lettura.
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