Il gioco d'azzardo distrugge le persone, parola di iena.
Inviato: 27 apr 2014, 13:42
Nadia Toffa: «Scrivere un libro era lo spazio giusto per raccontare
ma anche dare informazioni e provare a fare prevenzione»
E' più facile essere investiti da un'auto mentre attraversiamo la strada per andare dal tabaccaio a giocare al Win for life, che azzeccare la sequenza dei 10 numeri vincenti, che ci metterebbero a posto per almeno vent'anni. Fate pure i debiti scongiuri, ma le cose stanno proprio così e non perché siamo pessimisti di natura e il bicchiere lo vediamo sempre mezzo vuoto. Semplicemente lo dice la statistica. La stessa che ci spiega che è molto, ma molto più probabile che nel 2036 l'asteroide 99942 Apophis si sfracelli sulla Terra piuttosto che fare 6 al Superenalotto. Le probabilità di indovinare i sei numeri sono, infatti, 1 su 622 milioni e 614.630, mentre quelle che Apophis ci piombi addosso sono 1 su 40.000. E il ragionamento potrebbe essere esteso a qualsiasi gioco d'azzardo, anche se le probabilità di vincere sono ovviamente diverse per ognuno. E allora, se la matematica non è un'opinione, e pare non lo sia, come si spiega che milioni di italiani continuino a compilare schedine, grattare cartoncini colorati, infilare soldi nelle slot? Non solo, lo fanno a ritmi talmente elevati da aver fatto diventare il gioco d'azzardo la terza impresa italiana, dopo Eni e Fiat con un giro d'affari da capogiro: 85 miliardi di euro.
SONO ALCUNE delle domande a cui cerca di rispondere Nadia Toffa (sì, sì la giornalista delle Iene) in un libro, il suo primo, uscito in questi giorni nella collana della Rizzoli. Con «Quando il gioco si fa duro», il titolo non poteva essere che quello, e un sottotitolo che recita «Dalle slot machine alle lotterie di Stato: come difendersi in un Paese travolto dall'azzardomania» la Toffa ci accompagna in un universo, talvolta quasi parallelo, che vive e prospera praticamente ormai ad ogni angolo di strada del Belpaese.
Bresciana doc, caso mai dall'accento non si capisse, classe 1979, una laurea in Lettere e filosofia, qualche anno di gavetta come si conviene in una tv locale, la 'nostra' Iena in quel mondo ci è entrata per caso, mentre beveva un caffè. «Ero ad Ancona, dovevo girare un servizio, ma ero molto in anticipo - ci racconta al telefono tra un servizio e l'altro per le Iene -, aspetto l'apertura di un bar per farmi un caffè e insieme a me c'è un bel po' di gente. Solo che poi solo l'unica ad andare al bancone, mentre gli altri spariscono sul retro. Non resisto e vado a vedere che c'è lì dietro: slot machine. All'alba erano già lì incollati a schiacciare pulsanti. Ma quello che mi ha fatto scattare la molla è stata la risposta di un ragazzo sul perché fosse già lì: ieri ci ho messo dentro un sacco di soldi, non posso lasciarla scoperta. Doveva stare lì per cercare di riprenderseli». E proprio la sottile linea di confine tra chi si gioca una volta ogni tanto il resto del caffè e quelli per cui ormai «non conta più vincere o perdere, ma solo giocare», è uno dei leit motiv del libro. Le oltre 200 pagine, infatti, non sono solo un'indagine accurata del fenomeno, piene di dati, informazioni, cifre, hanno anche la capacità, per niente scontata, di trasportarti con una scrittura veloce ed essenziale, ma piena di pathos nel buio di vite distrutte e disperate.
«In questi anni di servizi ho raccolto un sacco di materiale, conosciuto tanta gente - ci dice ancora Nadia Toffa - scrivere un libro era lo spazio giusto per mettere insieme notizie, informazioni, denunce, ma anche storie. Sono cinque, fra tante altre, quelle che ho scelto di raccontare. Tutte di gente comune, 'normale' che a certo punto della propria vita diventa ludopatica: malata di gioco». Come quelle di Nicola o di Sara. «Già, lui sposato, due figlie, un buon lavoro e che a un certo punto va letteralmente in tilt: si chiude per tre giorni in garage senza mangiare, senza dormire, pianificando la fuga sotto casa pur di giocare indisturbato al pc, mentre la famiglia lo cerca disperatamente. Lei, quasi laureata in medicina va al casinò con gli amici per passare una serata e senza rendersene conto diventa dipendente dal gioco, per pagarselo si prostituisce prima on line, poi nei peggiori posti e sostituisce una patologia con l'altra diventando dipendente dal sesso. Storie drammatiche e senza lieto fine».
DA UN LATO il volto umano o, più spesso, disumano del gioco, dall'altro l'analisi socio-economica del fenomeno. Mai pesante, anche quando spiega meccanismi complessi, con un linguaggio asciutto e di agevole comprensione, il libro ne scandaglia, infatti, tutti gli aspetti. Il numero delle slot in Italia, perché se il giro d'affari aumenta lo Stato non guadagna in modo proporzionale, qual è il ruolo delle organizzazioni criminali. «Questo business non conosce crisi, anzi, più le cose vanno male, più si spera di fare il botto che ci cambi la vita», s'infervora nel racconto l'agguerrita Iena bresciana e lo capisci dal suo tono di voce che in quelle pagine ci ha messo passione giornalistica, ma anche voglia di far emergere un problema «ancora sottovalutato, perché per molti giocare è un vizio non una malattia che rovina il giocatore, certo, ma anche chi con lui vive». E prosegue: «L'Italia con il suo giro d'affari sta in quarta posizione al mondo, dopo Stati Uniti, Giappone e Macao. 85 miliardi che arrivano da superenalotto, lotto, scommesse, bingo, gratta e vinci e gioco on line, quello che colpisce e che dovrebbe far riflettere di più è che oltre la metà di questo bottino arriva dalle slot, a monetine e a banconote: fra tutte e due in Italia ce ne sono più di 450 mila. E spuntano dappertutto, aperte a tutte le ore del giorno e troppo accessibili, una tentazione continua: che sarà mai vado al bar, mi faccio un caffè e butto il resto nella slot».
DETERMINATA, «alle Iene sono arrivata piantonando l'ufficio di Davide Parenti, il grande capo», energica «si vede che il mio fisico si è allenato negli anni in cui facevo atletica», rigorosa «non per niente sono una ex arnaldina», Nadia Toffa il giornalismo d'inchiesta ce l'ha nel Dna e questo libro lo dimostra. Ma in mezzo a telecamere, pc, inchieste e messa in onda c'è spazio anche per vivere? «Quando la trasmissione è in onda lavori 7 giorni su 7, quando siamo fermi lavori per preparare i servizi. Certo mi manca la mia famiglia, anche se con mia mamma mi sento alla fine di ogni trasmissione per commentare, ma non è la stessa cosa. Mi mancano gli amici e per alcuni non è facile capire che non è che me la tiro, è che proprio le giornate hanno solo 24 ore. Però con questo lavoro è come se avessi vissuto mille vite, dentro a quelle di tutte le persone che ho incontrato in questi cinque anni. E quando mi sarebbe mai capitato?».
Laura Bergami
ma anche dare informazioni e provare a fare prevenzione»
E' più facile essere investiti da un'auto mentre attraversiamo la strada per andare dal tabaccaio a giocare al Win for life, che azzeccare la sequenza dei 10 numeri vincenti, che ci metterebbero a posto per almeno vent'anni. Fate pure i debiti scongiuri, ma le cose stanno proprio così e non perché siamo pessimisti di natura e il bicchiere lo vediamo sempre mezzo vuoto. Semplicemente lo dice la statistica. La stessa che ci spiega che è molto, ma molto più probabile che nel 2036 l'asteroide 99942 Apophis si sfracelli sulla Terra piuttosto che fare 6 al Superenalotto. Le probabilità di indovinare i sei numeri sono, infatti, 1 su 622 milioni e 614.630, mentre quelle che Apophis ci piombi addosso sono 1 su 40.000. E il ragionamento potrebbe essere esteso a qualsiasi gioco d'azzardo, anche se le probabilità di vincere sono ovviamente diverse per ognuno. E allora, se la matematica non è un'opinione, e pare non lo sia, come si spiega che milioni di italiani continuino a compilare schedine, grattare cartoncini colorati, infilare soldi nelle slot? Non solo, lo fanno a ritmi talmente elevati da aver fatto diventare il gioco d'azzardo la terza impresa italiana, dopo Eni e Fiat con un giro d'affari da capogiro: 85 miliardi di euro.
SONO ALCUNE delle domande a cui cerca di rispondere Nadia Toffa (sì, sì la giornalista delle Iene) in un libro, il suo primo, uscito in questi giorni nella collana della Rizzoli. Con «Quando il gioco si fa duro», il titolo non poteva essere che quello, e un sottotitolo che recita «Dalle slot machine alle lotterie di Stato: come difendersi in un Paese travolto dall'azzardomania» la Toffa ci accompagna in un universo, talvolta quasi parallelo, che vive e prospera praticamente ormai ad ogni angolo di strada del Belpaese.
Bresciana doc, caso mai dall'accento non si capisse, classe 1979, una laurea in Lettere e filosofia, qualche anno di gavetta come si conviene in una tv locale, la 'nostra' Iena in quel mondo ci è entrata per caso, mentre beveva un caffè. «Ero ad Ancona, dovevo girare un servizio, ma ero molto in anticipo - ci racconta al telefono tra un servizio e l'altro per le Iene -, aspetto l'apertura di un bar per farmi un caffè e insieme a me c'è un bel po' di gente. Solo che poi solo l'unica ad andare al bancone, mentre gli altri spariscono sul retro. Non resisto e vado a vedere che c'è lì dietro: slot machine. All'alba erano già lì incollati a schiacciare pulsanti. Ma quello che mi ha fatto scattare la molla è stata la risposta di un ragazzo sul perché fosse già lì: ieri ci ho messo dentro un sacco di soldi, non posso lasciarla scoperta. Doveva stare lì per cercare di riprenderseli». E proprio la sottile linea di confine tra chi si gioca una volta ogni tanto il resto del caffè e quelli per cui ormai «non conta più vincere o perdere, ma solo giocare», è uno dei leit motiv del libro. Le oltre 200 pagine, infatti, non sono solo un'indagine accurata del fenomeno, piene di dati, informazioni, cifre, hanno anche la capacità, per niente scontata, di trasportarti con una scrittura veloce ed essenziale, ma piena di pathos nel buio di vite distrutte e disperate.
«In questi anni di servizi ho raccolto un sacco di materiale, conosciuto tanta gente - ci dice ancora Nadia Toffa - scrivere un libro era lo spazio giusto per mettere insieme notizie, informazioni, denunce, ma anche storie. Sono cinque, fra tante altre, quelle che ho scelto di raccontare. Tutte di gente comune, 'normale' che a certo punto della propria vita diventa ludopatica: malata di gioco». Come quelle di Nicola o di Sara. «Già, lui sposato, due figlie, un buon lavoro e che a un certo punto va letteralmente in tilt: si chiude per tre giorni in garage senza mangiare, senza dormire, pianificando la fuga sotto casa pur di giocare indisturbato al pc, mentre la famiglia lo cerca disperatamente. Lei, quasi laureata in medicina va al casinò con gli amici per passare una serata e senza rendersene conto diventa dipendente dal gioco, per pagarselo si prostituisce prima on line, poi nei peggiori posti e sostituisce una patologia con l'altra diventando dipendente dal sesso. Storie drammatiche e senza lieto fine».
DA UN LATO il volto umano o, più spesso, disumano del gioco, dall'altro l'analisi socio-economica del fenomeno. Mai pesante, anche quando spiega meccanismi complessi, con un linguaggio asciutto e di agevole comprensione, il libro ne scandaglia, infatti, tutti gli aspetti. Il numero delle slot in Italia, perché se il giro d'affari aumenta lo Stato non guadagna in modo proporzionale, qual è il ruolo delle organizzazioni criminali. «Questo business non conosce crisi, anzi, più le cose vanno male, più si spera di fare il botto che ci cambi la vita», s'infervora nel racconto l'agguerrita Iena bresciana e lo capisci dal suo tono di voce che in quelle pagine ci ha messo passione giornalistica, ma anche voglia di far emergere un problema «ancora sottovalutato, perché per molti giocare è un vizio non una malattia che rovina il giocatore, certo, ma anche chi con lui vive». E prosegue: «L'Italia con il suo giro d'affari sta in quarta posizione al mondo, dopo Stati Uniti, Giappone e Macao. 85 miliardi che arrivano da superenalotto, lotto, scommesse, bingo, gratta e vinci e gioco on line, quello che colpisce e che dovrebbe far riflettere di più è che oltre la metà di questo bottino arriva dalle slot, a monetine e a banconote: fra tutte e due in Italia ce ne sono più di 450 mila. E spuntano dappertutto, aperte a tutte le ore del giorno e troppo accessibili, una tentazione continua: che sarà mai vado al bar, mi faccio un caffè e butto il resto nella slot».
DETERMINATA, «alle Iene sono arrivata piantonando l'ufficio di Davide Parenti, il grande capo», energica «si vede che il mio fisico si è allenato negli anni in cui facevo atletica», rigorosa «non per niente sono una ex arnaldina», Nadia Toffa il giornalismo d'inchiesta ce l'ha nel Dna e questo libro lo dimostra. Ma in mezzo a telecamere, pc, inchieste e messa in onda c'è spazio anche per vivere? «Quando la trasmissione è in onda lavori 7 giorni su 7, quando siamo fermi lavori per preparare i servizi. Certo mi manca la mia famiglia, anche se con mia mamma mi sento alla fine di ogni trasmissione per commentare, ma non è la stessa cosa. Mi mancano gli amici e per alcuni non è facile capire che non è che me la tiro, è che proprio le giornate hanno solo 24 ore. Però con questo lavoro è come se avessi vissuto mille vite, dentro a quelle di tutte le persone che ho incontrato in questi cinque anni. E quando mi sarebbe mai capitato?».
Laura Bergami